Nanni Moretti e la sua giustificata allergia per l'opinione pubblica

Ultimamente la rubrica che dà colore a questo blog, ovvero Perla morettiana della settimana, è stata da me un po' trascurata, soprattutto perché è sempre più difficile trovare degli estratti cinematografici che non abbia già pubblicato. Dato che Nanni Moretti sta presentando da circa una settimana il suo ultimo film, ho deciso di seguire con attenzione quello che la carta stampata e la televisione comunica sia rispetto al regista, sia rispetto alla trama del film stesso.
E' innanzitutto ovvio che bisogna distinguere il poco spontaneo entusiasmo che solitamente si associa alle attività promozionali dalla reale critica della nuova opera. Vuoi perché il cinema di Nanni Moretti è uno dei pochi simboli nei quali gli intellettuali di sinistra, pur bofonchiando il più delle volte sul carattere schivo e scontroso di Nanni (anche se, direi, si tratta quasi sempre di una certa difficoltà nel rispecchiarsi o nel comprendere del tutto i messaggi molto politicamente scorretti e controtendenza del produttore della Sacher), si riconoscono e che sbandierano con orgoglio come "made in Italy", ad ogni nuovo film del regista sembra che sia sacrosanto dedicare un po' d'attenzione ad un personaggio che, nella vita di tutti i giorni, viene vissuto come potenzialmente disturbante, come se le persone si stupissero del fatto che il "Woody Allen italiano" (un'etichetta trita e ritrita che non corrisponde nemmeno a verità. Tra l'ironia istrionica di Allen e quella dissacrante e pungente di Nanni c'è una differenza enorme... Ma, come si sa, pur di italianizzare i prodotti esteri, gli italiani sono disposti a far di tutto, tant'è) continui a fare cinema. 
E' qui individuo un punto che definire cronico nell'atteggiamento sospettoso dell'opinione pubblica italiana verso Nanni è parlare per eufemismi, ovvero la sorpresa rispetto a cose del tutto naturali e, oserei dire, scontate nella vita di una persona che crea qualcosa (sia quest'ultima un libro, un film, un album musicale, ovvero ciò che nella contemporaneità viene definito arte). Ma perché Nanni Moretti continua a fare film? E cosa dovrebbe fare, mi chiedo io? Una persona non va in pensione, a meno che non lo decida lei, perciò perché Nanni Moretti dovrebbe smettere di fare film se non ritiene di doversi ritirare ancora? Sempre che sia possibile dire ad un artista di andare in pensione, di smettere di sognare e creare... Penso sia qualcosa di utopico, per cui non mi sembra ci sia nulla di cui stupirsi. Un'altra domanda tipica è chiedersi perché Nanni sia sempre così autobiografico... Come se tutti quelli che producono qualcosa non ci mettano del proprio. Certo, il proprio sé può essere camuffato, reso più o meno velato, però è incontestabile che chi ha bisogno di creare qualcosa sia sempre mosso da esigenze interne soltanto sue. Per questa ragione, sentire Fabio Fazio chiedere a Nanni se sia possibile parlare di cose personali senza scadere in manie di protagonismo o in indiscrezione mi sono sentita colpire da un'immediata ondata di orticaria ed ho sperato fino all'ultimo che Nanni lo zittisse come lui solo sa fare. Tuttavia, Nanni Moretti ha imparato che, per evitare orticarie, sia necessario dare risposte standard, di modo da non doversi far venire il sangue cattivo. Forse l'unica ricetta per persone che non capiscono è fare credere loro che abbiano capito tutto e Nanni, in un paese che continua ad essere intellettualmente provinciale e fortemente condizionato da vuoti moralismi, fa come può per sopravvivere. La bile è un liquido prezioso!

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