Immedesimarsi

[im-me-de-si-màr-si] v.rifl. (mi immedésimo ecc.) [sogg-v-prep.arg]
  • • Partecipare emotivamente alle condizioni di una persona; identificarsi con qlcu., calarsi nei suoi panni: mi immedesimo nella tua situazione, nel personaggio (da http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/I/immedesimarsi.shtml )
E' possibile vivere senza immedesimarsi in una situazione, in una persona, in specifici sentimenti? Avevo letto un articolo sulla sinestesia che metteva in luce quanto l'essere umano sia più sinestetico di quanto si possa credere. Sarà per deformazione professionale, ma tutto ciò non mi stupisce affatto. La fenomenologia si è spinta parecchio in là (e ha una strada ancora lunghissima davanti a sé) nel dimostrare che noi siamo le nostre sensazioni e viceversa, che vergognarsi per qualcosa, piangere, sentirsi sereni o innamorati, non sono solo stati interni, ma, al contrario, coinvolgono corpo e mente in una 'confusione ontologica' come avrebbero potuto dire Merleau-Ponty o Sartre (mi scuso, chiedo venia, ho un dubbio sulla paternità di quest'utilissimo concetto), per cui è anche vero, in tale confusione ed esperanto percettivo, vedere una musica, sentire il sapore di un colore, ecc. Mi chiedo se tutti questi studi, per me interessantissimi, possano lambire anche ambiti che sono stati finora della psicologia, nello specifico la capacità (o forse sarebbe meglio dire sensibilità) dell'essere umano (ma sono convinta che la distinzione umano-nonumano sia totalmente infondata, se non giustificata unicamente dal voler parlare unicamente di una certa porzione della sfera vivente) di capire in profondità (e non solo per circostanze ed obblighi sociali) i sentimenti e i pensieri del suo interlocutore. Per quanto io sono convinta che ognuno di noi sia sinestetico, pur non ammettendolo con sé stesso per ragioni culturali-sociali (le cosiddette convenzioni e stereotipi nei quali, talvolta, il consorzio umano è intrappolato), a volte ho i miei dubbi che l'empatia sia una capacità insita in tutti. Non credo che non ci siano le basi perché l'empatia possa crearsi, un neonato nasce empatico, avverte ogni minima sfumatura dell'umore dei suoi genitori, in particolare della madre, però è come se si arrivasse ad un punto in cui queste basi si atrofizzano e non trovano più un nutrimento ed un'alfabetizzazione quotidiana. Non è un caso, per me, che questa atrofizzazione si vada sempre più acuendo mano mano che l'essere x si socializza sempre più, introiettando, quindi, a cucchiaiate sempre più grandi il paradigma umanista, che può essere tradotto con il più prosaico egocentrismo: l'io (possibilmente se Occidentale ed ammantato di una supposta 'razionalità' o buon senso) diventa la misura di tutto, anche delle emozioni dell'altro.
Fortunatamente ci sono le eccezioni, per cui lunga vita ai post-human studies e alla fenomenologia. Prosperate e regalate sempre più empatia!


Commenti

Post più popolari