Fragole a mezzanotte - parte prima

Era un'amicizia che si era formata da relativamente poco, tra le aule a gradoni delle lezioni di letteratura francese. Diana e Sonia non potevano essere più diverse. Diana era impacciata, crepuscolare, timida. Sonia era, invece, estremamente espansiva e vulcanica. Per qualche ragione del tutto casuale, come spesso capita negli incontri fortuiti, le due ragazze unirono i loro universi di comune accordo e con un affiatamento molto forte, per essere, appunto, un'amicizia nata da pochi mesi.
Sonia non aveva nessunissima voglia di trascorrere le vacanze estive con i genitori, due algidi professori di matematica e storia, per cui consumò tutte le sue energie nel trovare le più svariate attività da svolgere per l'intera durata dell'interruzione delle lezioni. Tra un campeggio con la compagnia che si era consolidata durante il liceo, una vacanza-studio a Lione, Sonia riuscì a coinvolgere la recalcitrante Diana in un viaggio all'estero di una settimana. In cambio, Diana decise il mezzo di trasporto, ovvero il treno, e la destinazione. Affascinata da sempre dai paesi che orbitavano attorno all'Unione Sovietica, la ragazza optò per l'elegante e misteriosa Praga. Sonia storse un po' il naso al pensiero di una vacanza poco dinamica e del tutto cerebrale/culturale, ma la sola idea delle conversazioni imbarazzate sul tempo dei suoi attorno ad una tavola smisuratamente più grande per una famiglia di tre componenti le fece passare ogni tipo di perplessità.
Il viaggio per Praga si tradusse in una lunga maratona di letture di romanzieri ciechi per calarsi nell'atmosfera della meta da parte di Diana, delle dispense per l'esame di letterature comparate da parte di Sonia. Il silenzio tra le due non era segno di disagio, quanto di quella familiarità tipica di chi trascorre i propri studi in biblioteca a fianco dei colleghi più amichevoli. Arrivate a Praga, tuttavia, le differenze caratteriali che fino ad allora sembravano completarsi tra loro pacificamente cominciarono ad ergere delle silenziose barriere intrise di sottesa tensione. Diana, elettrizzata dalla prospettiva di assorbire nuove esperienze culturali, voleva già da subito fare un'abbuffata delle principali attrattive della città, ma i suoi desideri si scontrarono con le gambe di Sonia, delle quali quest'ultima lamentò la legnosità e la stanchezza. Rassegnata di fronte alle lagnanze dell'amica, lo spirito pratico di Diana prese il sopravvento ed esigette da Sonia la sua collaborazione nel cercare un luogo dove cenare. L'ostello presso il quale soggiornavano aveva anche una piccola tavola calda, ma era sembrata scadente ad entrambe. Sonia, facilmente adattabile quando si trattava di soddisfare la sua leziosa pigrizia, additò il primo café che trovarono sulla via. Due belle fette di Sacher con panna e due generose tazze di caffellatte sembravano un degno compromesso tra fame e portafoglio. Il desinare fu accompagnato dalla meticolosa pianificazione dei tragitti da fare giorno per giorno da parte di Diana. Sonia annuiva senza riflettere più di tanto, immersa com'era nell'atmosfera soffusa del locale e nell'atto di gustarsi quella gustosa torta, antico retaggio della dominazione asburgica.
Mentre stavano ripercorrendo a ritroso la via che conduceva al loro ostello, Diana venne attratta dai colori del mercato ortofrutticolo all'aperto, inframezzato, di tanto in tanto, dalle caratteristiche marionette. Il loro budget giornaliero permetteva loro ancora un buon margine di spesa, per cui Sonia non ebbe nulla da ridire di fronte alla proposta di Diana di comprare un cestino di fragole fresche. Tanto più che a Sonia piacevano le fragole.
Un improvviso e violento acquazzone le sorprese senza ombrello, per cui fecero le centinaia di metri che le separavano dalla porta d'ingresso dell'ostello di corsa. Indugiarono ansimanti sulla soglia, ormai al sicuro. Diana trasalì al pensiero di non aver mai condiviso, fino ad allora, i propri spazi con un'altra persona. Cercò di schiacciare il brutto presentimento che questa constatazione le procurò. Sonia si stava invece chiedendo se sarebbe riuscita a sopportare i timori sociali della campagna. Non era abituata alle tabelle di marcia, alle restrizioni finanziarie e di tempo. Si augurava di essere in grado di ammorbidire la rigidità da scolaretta di Diana. Di farne una ragazza nuova. A questo pensiero, Sonia sorrise tra sé e sé e cominciò ad aggredire di corsa le scale. Diana percorse titubante le scale a chiocciola che conducevano alla loro camera, seguendo i passi leggeri dell'amica. La camera era confortevole il giusto per essere quella di un ostello, specialmente perché il bagno era interno. I due lettini erano incassati negli angoli opposti della stanza con due sedie di raso verde di fianco alle testiere. Sulla parete adiacente all'entrata del bagno troneggiava un poster del cimitero ebraico.
Sonia si liberò in fretta del cappotto e, mentre Diana riordinava i romanzi e la biancheria che si era presa da casa, cominciò a spogliarsi quasi meccanicamente per poi ritrovarsi in reggiseno e mutande. Diana, che si era voltata in quel momento per prendere una coperta dall'armadio, sbiancò sconcertata di fronte a quella vista. Fino ad allora era sempre riuscita a sfuggire all'intimità dei corpi altrui, vuoi perché la sua delicatissima pelle non era adatta alle vacanze salmastre, vuoi per un suo naturale e radicato senso del pudore che le aveva fatto evitare la condivisione del proprio corpo adolescenziale con gli sguardi delle compagne negli spogliatoi femminili dopo le due ore settimanali di educazione fisica al liceo. "Beh, perché stai lì impalata?" la rimbeccò Sonia "Passami il cestino delle fragole che le vado a lavare." Ancora frastornata dalle rotondità rivestite di delicate trame di pizzo giallo crema di Sonia, Diana distolse volentieri l'attenzione da quest'ultima verso la sua borsa. Facendo finta di essere assorta dal panorama offerto dalla finestra, Diana tese il cestino a Sonia girando la testa dall'altra parte. Sonia, con un leggero sbuffo, si diresse in bagno con il cestino. Diana decise che era il momento adatto per infilarsi nel suo pigiama con panda di indubbia fattura giapponese sparsi per tutta la stoffa. Almeno avrebbe evitato di farsi vedere da Sonia, che si era giustamente conquistata la fama di giudice implacabile per ogni difetto femminile all'università.

(continua...)

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