Encefaliti misogine

Penso non capiti soltanto alla sottoscritta, ma più o meno a tutte le ragazze sotto (ma anche sopra, il principio è assolutamente lo stesso e trasponibile) i trent'anni. Mi riferisco a domande indiscrete ed assolutamente maschiliste/misogine formulate da parenti, conoscenti (tra cui anche certi professori [rigorosamente maschi, ovviamente] con i quali si ha un po' più di confidenza, vuoi per averci lavorato/studiato per anni o quotidianamente). Domande come: 'Ma hai il ragazzo?'; 'Ma lei è sposata?/Non si è trovata un bravo giovane?'. Ecco. Probabilmente avrei la fila di mani alzate, se mi trovassi in un'aula piena di ragazze.
Lo stesso mio ex (penso che, in quanto a tasso di tossicità e di distruttività, si possa avere un solo ex, L'EX, e non più ex alla volta. Quello ti rimane e resta il principe indiscusso delle tue ire represse verso 'l'altra metà del cielo'), il giorno fatidico in cui rivelò la sua reale natura (potete metterci, vostra fantasia piacendo, bastarda ed affini), commentò con nonchalance che 'Essere single per le ragazze sembra essere un crimine contro l'umanità', ammettendo che, implicitamente, io stessa in quell'istante ne stessi infoltendo le fila.
Analizziamo questa malattia infettiva che sembra colpisca il cervello di tali persone, non necessariamente ignoranti e stupide, ma che, in quell'istante, si auto-insultano da sé. Chiedere ad una ragazza sotto i trent'anni se sia in felice compagnia o se abbia convolato a nozze è un po' come dire 'una ragazza non può badare a sé stessa, essere felice e realizzata senza che ci sia al suo fianco 'un uomo'', come se 'la sua essenza femminile' sia, come dire, 'diminuita o svilita dalla solitudine sentimentale'. Non importa che abbia tante altre qualità, quali resilienza, intelligenza, creatività (decidete voi quali mettere, qui ne suggerisco alcune delle tante), importa che sia o meno protetta da un ente maschile. Per la strada che ho scelto, mi trovo quotidianamente ad avere a che fare con ambienti maschili, dove ci sono poche donne a farne parte e che, quotidianamente, devono averci a che fare, lottare per la propria carriera se decidono di avere dei figli, o, al contrario, lottare contro lo stereotipo (corollario di queste domande) che le donne devono, prima o poi, avere figli, contro l'etichetta della donna in carriera (o altre etichette, molto più volgari, ma che non mi abbasso a citare). Dove si pensa che la donna, sì, può avere 'una testolina brillante', ma che prima di lei vengono i maschi, che devono essere riveriti come dei pascià nel loro narcisismo intellettuale. Di conseguenza, mi capita di dover sopportare questo genere di domande alquanto spesso.
L'antidoto? Premesso il sacrosanto postulato che quando verrà il giorno in cui nessuno si scandalizzerà sul fatto che una donna non abbia alcuna necessità né di sposarsi, né di avere pargoli che le stringono le gonne, tutte le donne ne beneficeranno in libertà, il consiglio che posso dare è: scandalizzate queste persone, fate loro perdere il lume della ragione (distorta), ripetete loro che non avete alcuna necessità, mostrate un riso a quattro palmenti. Ed andatevene con la stessa leggerezza che attribuite a quella debolezza che l'interlocutore vi ha appena mostrato. Chissà se si stancheranno di essere presi per scemi.

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