Meglio cosa?
Giunta alla fine del secondo anno di dottorato, mi viene abbastanza naturale trarre un bilancio di tale esperienza, per quanto l'idea dei bilanci mi abbia sempre angosciata, in fondo. Ero partita con una chiara e precisa idea in mente, la stessa del, direi, 100% di giovani neolaureati italiani, ovvero: 'l'estero è meglio'. Meglio rispetto a cosa? Meglio, per citare un esempio, rispetto al rapporto più professionale tra professori e studenti, tale per cui questi ultimi non diventano le pezze d'appoggio pratiche e psicologiche di soggetti, i professori, in perenna ricerca o di un proprio teatrino nel quale essere costantemente applauditi, o di una voce amica, che dica loro che tutto quello che fanno, scelte umane e non, paranoie ed epifanie, teorie psicodinamiche ed esistenziali, in una parola, tutto ciò che la mente di un professore italiano, magari inacidito od annoiato dalla routine della didattica, può partorire. A parte pochi casi eccezionali, la corona d'alloro era per me un simbolo di una libertà raggiunta, dalle pastoie psico-drammatiche dei miei professori, si intende. Per cui avevo immediatamente elaborato una via di fuga per sopravvivere a quella sensazione di soffocamento che già avvelenava gli ultimi istanti da studentessa universitaria. Per poi rendermi conto che i professori, siano essi anglosassoni, teutonici o che, costituiscono sempre o comunque un proprio micro-cosmo, attraverso le cui lenti lo studente viene sempre messo, chi più, chi meno, tra parentesi, in una relazione osmotica con le loro vicissitudini accademiche. Il problema quindi non sta tanto in loro, quanto nella capacità dello studente di non lasciarsi ingoiare dalle fauci paranoiche delle menti professorali. Quindi, non si tratta esattamente di un problema di estero-non estero, quanto di una mera faccenda idiosincratica e di corrispondenze tra personalità diverse. E quindi di molta fortuna o sfortuna da parte dello povero studente.
Meglio rispetto al merito. Sì, certo... All'estero non si entra per logiche clientelari, questo posso confermarlo. Però poi il merito si somma alle politiche economiche del singolo ateneo e della nazione di afferenza (del tipo che il localismo, il privilegiare i 'nativi', è uno dei principi cardine), quindi il rischio di aspettative tranciate brutalmente dietro l'angolo è molto probabile. Magari la porta in faccia non ti viene sbattuta da un professore incartapecorito che vuole assecondare il suo dottorando (sicuramente lecchino, giusto per rientrare nello stereotipo medio) per poi vivere del lustro che ne può trarre da costui, quanto piuttosto da un'intera università per la quale non rientri negli 'elegibility criteria' (esempio: non sei uno studente giapponese che si sta occupando di quei sistemi complessi in fisica che tanto servono alla nazione x per implementare i propri guadagni). Il risultato è il medesimo, o molto simile, se non altro. Sempre di porta sbattuta si tratta.
Meglio rispetto alla formazione... Anche qui si potrebbe discutere per ore sulla relatività di tale affermazione. Meglio essere spendibili subito sul mercato del lavoro senza sapere assolutamente nulla che non sia al di fuori del proprio orticello, o meglio farsi la (magari molto lunga e sofferta) gavetta portando sulle spalle una curiosità e una certa stoffa (sì, la cultura è soprattutto avere stoffa) per stare al mondo? Domanda etica-esistenziale che forse non troverà mai risposta.
Io ho fatto una scelta precisa, una scelta che in qualche modo si interseca con questi luoghi comuni difficili da contraddire se si resta in Italia e non si ha una visione d'insieme. Però, ripensandoci, quella scelta è stata soprattutto personale, prima che condizionata dal 'senso comune' (anche se nel primo meglio rientro in pieno, mea culpa). Semplicemente, mi sono stufata dei disfattisti (tra cui una folta schiera di professori nostrani) che vedono sempre e solo il marcio del sistema italiano, alla ricerca di un estero tinteggiato come l'età dell'oro o l'eden delle toghe. Svegliatevi e guardatevi attorno. Il mondo è molto più simile di quanto non crediate.
Commenti
Posta un commento