Estraniamento

L'attore cinematografico si sente come in esilio. In esilio non soltanto dal palcoscenico, bensì dalla propria persona. Perché la loro azione, l'azione viva del loro corpo vivo, là, su la tela dei cinematografi, non c'è più: c'è la loro immagine soltanto, colta in un momento, in un gesto, in una espressione, che guizza e scompare. Avvertono confusamente, con un senso smanioso, indefinibile di vuoto, anzi di vuotamento, che il loro corpo è quasi sottratto, soppresso, privato della sua realtà, del suo respiro, della sua voce, del rumore ch'esso produce movendosi, per diventare soltanto un'immagine muta, che tremola per un momento su lo schermo e scompare in silenzio, d'un tratto, come un'ombra inconsistente, giuoco d'illusione su uno squallido pezzo di tela... Pensa la macchinetta alla rappresentazione innanzi al pubblico, con le loro ombre; ed essi debbono contentarsi di rappresentare innanzi a lei.

Luigi Pirandello, Si gira

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