Habibi

Affresco istoriato di un mondo arabo sospeso nel tempo e nello spazio e che, quindi, porta con sé il rischio di una possibile pecca di orientalismo, per quanto fatto in buona fede, Habibi può essere compreso soltanto facendo attenzione alle digressioni della narrazione, tratte probabilmente dalla cabalistica islamica e dal misticismo sufi. Mi sono stupita, nel leggere alcune recensioni, l'accusa di trattare del sesso in modo turbante e scandaloso, dato che qui l'atto sessuale, per quanto più volte alluso e rappresentato, spesso in modo lacerante e straziante, è compreso all'interno di un filo logico che nulla ha di aberrante. Due giovanissimi schiavi, una bambina venduta ad uno scriba per poi essere data in pasta al mercato delle concubine ed un infante di una schiava di colore, si ritrovano l'uno nelle braccia dell'altro, uniti a un anelito alla protezione e all'accudimento reciproco. La bambina riveste al contempo le funzioni di madre, sorella, amica. I corpi subiscono delle trasformazioni e questi confini così innocenti vengono messi in dubbio da un nuovo e strano potere che li avvinghia e li respinge al tempo stesso: il desiderio amoroso. L'intero intreccio si basa su regole algoritmiche, calligrafiche ed alchemiche: secondo Aristotele e Jabir Ibn Hayyan, ogni cosa è costituita da qualità opposte e nell'unione di due elementi puri e perfettamente bilanciati si dà origine al metallo più prezioso, ovvero all'oro. Questo si riflette nella parola Bismillah, all'interno della quale si possono individuare due triangoli convergenti, uno uterino e femminile e l'altro, detto 'serpente', fallico e maschile. Il loro intersecarsi dà vita ad una stella di David a sei punte, dalle quale si dipartono sei quadrati, i quali sono a loro volta collegati all'atto dell'espirazione. La loro espansione non è altro che una stella ad otto punte o il respiro del compassionevole, ovvero il respiro di Allah che soffia nello spirito dei corpi. Il quadrato espanso concepisce otto quadrati magici, le cui due lettere, l'ultima haà e la prima baà formano la parola hubb o amore. Il risultato finale è un motivo, un intreccio, un'armonia, una creazione (i sei quadrati generati dalla stella a sei punte uniti a sei triangoli delle punte formano anelli in continua intersecazione).
La trama della creazione tra Dodola e Zam è una grande Jihad, come aveva inteso Maometto, ovvero una lotta contro sé stessi: nel caso di Dodola nel suo prostituirsi, prima ai carovanieri per ottenere cibo per sostentare lei e il piccolo Zam, poi, una volta adulta, nel suo concedersi come concubina di un harem. Ritrovare un equilibrio in sé stessa significa rinominare il suo stesso corpo, assorbire le parole nelle quali aveva trovato rifugio quando era una sposa fanciulla dallo scrivano e che le possono indicare una via di risoluzione al rigetto del suo desiderio di essere amata. Nel caso di Zam, incarnante ancora più di Dodola della stirpe di Cam, in senso biblicamente inteso, in quanto dalla pelle di scura, si tratta di un doloroso processo di incorporazione dell'elemento femminile amato, prima attraverso un punitivo atto di castrazione, poi in un salvataggio e in una dedizione totale alla sua Dodola ammalata. La logica sottesa in questo graphic novel è chiarissima in queste parole di Zam:
'Dodola aveva un pugnale nascosto nel mantello. Avrei potuto affondarglielo nella schiena. Un colpo per ognuno dei suoi. Non lo feci. Così rivolsi la lama verso me stesso. [...] Tu ci hai creato così. Incompleti. A metà, alla disperata ricerca di chi può completarci. [...] Ho cercato Dodola nella mia femminilità. [...] Ho reciso ciò che ci rendeva diversi. Volevo che le due metà si incontrassero dentro di me.'
Thompson ricrea il senso intimo della calligrafia araba con lavori assolutamente magistrali. Leggere queste pagine rende, per quanto un tantino perplessi dell'accuratezza antropologica, affascinati dai misteri, per quanto scomodi, per quanto dolorosi, dell'amore.
















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