I condotti della psicoanalisi

Elga era visibilmente nervosa. A seguito di diversi svenimenti preceduti da forti e dolorose strette alla gola, i suoi genitori, facoltosi impresari di una ditta di sete e lane, avevano deciso di farla visitare da un conoscente che in gioventù era uso frequentare il tempio insieme al padre Abraham, un certo Sigmund Freud. A Vienna girava voce che, dopo un apprendistato a Parigi, costui aveva conseguito interessanti traguardi nel campo dell'isteria femminile attraverso l'innovativa tecnica della terapia delle parole. Pareva che la semplice enunciazione verbale di pensieri spesso sconnessi tra loro avesse già il potere di recare un considerevole sollievo al paziente. Diverse facce conosciute della borghesia ebraica viennese avevano appoggiato la nuca sul lettino del dr. Sigmund, tra cui Fanny, amica d'infanzia di Elga, più volte preda di impeti d'ira a discapito del fidanzato trovatole dai genitori.
Elga attribuiva i suoi mancamenti a corsetti troppo stretti e alla bassa pressione sanguigna, marchio di fabbrica di ben tre generazioni femminili della sua famiglia. Ma Abraham ed Esther Fink non possedevano soltanto lei al mondo e avevano, perciò, sempre cercato di proteggerla in una bolla di sapone infrangibile. Elga, sospirando ormai rassegnata agli assilli genitoriali, si calcò la cuffietta facendo sparire al suo interno i riccioli fulvi ribelli che le incorniciavano le guance rotonde e leggermente pescate. Era, infatti, un'inclemente mattina ventosa di un inizio Febbraio e lei odiava gelarsi le estremità corporee. Mentalmente, cominciò a ripassarsi il discorso che intendeva riferire al dott. Sigmund per evitare il supplizio di doverlo rivedere due volte alla settimana, come aveva potuto leggere da alcune sue opere appena pubblicate. Forse le sarebbe interessato studiare psichiatria all'università e molte delle teorie del dottore, per quanto crude ed un tantino perturbanti, riflettevano una logica serrata e al tempo stesso attraente. Ma un conto è applicare tali teorie agli altri, un conto è vedersele applicate su di sè. Sinceramente, Elga riteneva abbastanza offensivo e maschilista essere marchiata come una potenziale "isterica". Lei aveva sempre cercato di mostrarsi al passo con i suoi cugini, anche se non era facile gabbare la rete protettiva dei genitori. L'unico settore in cui riusciva ad averla vinta erano gli studi: non c'era materia "maschile" nella quale lei non prediligesse al liceo. E proprio su tale terreno intendeva costruirsi una via d'uscita.
La neve era ammonticchiata da ciascun lato del marciapiede. Era stata avvisata dalla madre che lo studio del dott. Freud non aveva sale d'aspetto, per cui il paziente doveva ingegnarsi come poteva per arrivare in perfetto orario. Soppesando i pro e i contro di questa scelta, Elga si chiedeva in che modo i pazienti potessero passarsi il tempo in caso di anticipo ed i rischi insiti nell'aggirarsi avanti ed indietro davanti allo studio. Lei non aveva alcuna intenzione di attirare i sospetti dei passanti e di commercianti delle vie circunvicine. L'incubo peggiore, comunque, sarebbe stato essere riconosciuta da possibili compagne di scuola o da qualche amica di famiglia, dato l'enorme successo riscosso dal dott. Sigmund nelle cerchie della comunità ebraica bene.
Quest'ultimo timore si rivelerà infondato, pensò Isotta socchiudendo le pagine del libro. Tra un deficit affettivo e l'altro era ormai a conoscenza, senza avere la necessità di addentrarsi oltre nella trama del romanzo, dell'esistenza di un'uscita nello studio di Freud che impediva l'incontro tra pazienti durante un cambio di seduta. Anche lei procedeva con un tortuoso percorso psicoterapico ormai da più di quattro anni, per quanto fosse una donna istruita ed altrettanto impaziente di scrollarsi di dosso certi stereotipi legati al gentil sesso. Sia all'epoca di Freud che in quella odierna gli psicoterapeuti o gli psicoanalisti erano ormai abituati ad ascoltare le iniziali smentite e negazioni dei pazienti di fronte al loro ricorso. Ma, sia allora che adesso, c'è sempre stato qualche indizio sul quale aggrapparsi per fare desistere il paziente dal suo spirito di conservazione e, in ultima analisi, per mantenere il suo nome nell'agenda.
Isotta si era arresa quasi subito all'arringa del suo analista. Stranamente, il rituale che precedeva la seduta la intrigava a tal punto da continuare a spendere un quarto della sua busta paga in strizzacervellate. In qualità di fisica sperimentale per una nota azienda automobilistica, l'eccitava l'idea di poter mettere alla prova la teoria della relatività nel modificare ogni volta la tipologia di attesa. A volte arrivava apposta in anticipo per poter intercettare i volti dei pazienti precedenti e ricamarci sopra le più balzane teorie psicoanalitiche, rischiando spesso di ridere fragorosamente in faccia al malcapitato. Altre volte, il gioco d'anticipo aveva invece la funzione di sorprendere l'arrivo dello psicoterapeuta, rubargli un pò della sua quotidianità e del suo non-ruolo per ridimensionare la soggezione che talvolta provava, specie ad inizio seduta, quando il canovaccio prevedeva che fosse lei la prima ad aprire la commedia.
I ritardi invece erano un chiaro messaggio di ostilità o di ripicca nei confronti di alcune parole indigeste dette dal terapeuta sedute prima. O, semplicemente, ritardare era una costante nell'algebra della vita che prendeva il sopravvento, o un trabocchetto nel caso le facce degli altri pazienti quel giorno le venissero a noia.
Ma l'aspetto che l'elettrizzava di più era però costituito dal permettersi che il tempo le scivolasse via addosso, lasciandosi andare ad attività che mai, in nessun'altra circostanza, avrebbe mai potuto sperimentare come osservare le abitudini dei passeracei nel banchettare con gli avanzi dei panini del bistrot di fronte. Il che la riportava alle abitudini alimentari dei suoi simili e il loro legarsi a rituali sociali dalle più svariate sfumature. Spiare all'interno di finestre socchiuse o spalancate, per trasportarsi in diversi modi di vivere gli spazi abitativi o per rubare uno sguardo inferocito. Per poi ridere a crepapelle.
Sospendere per un attimo tutti i problemi e le angosce. Scappatoie che l'ignara psicoanalisi offre non disponendo di sale d'aspetto.




Scritto per vincere l'afa

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