"L'uomo che verrà" di Giorgio Diritti (2009)


Sarà perché mi sento di natura appenninica, fondamentalmente. Sarà perchè sono legatissima a Montesole e a quello che rappresenta, che tutte le volte che ci vado ho paura di calpestare l'erba sotto ai miei piedi, stesso timore che provai quando visitai Mathausen a dieci anni...
No, non credo che siano queste motivazioni personali a farmi amare il film "L'uomo che verrà", o, almeno, non sono solo queste. E' un film sui generis. Un film che sarebbe stato per le piccole sale, d'essai, e che invece ha sbancato il botteghino. Una bambina attrice che appare molto naturale sullo schermo, senza ridursi a quelle solite macchiette di piccoli d'uomo privi di una loro personalità e alla costante ricerca di uno scimmiottamento del mondo adulto. Una regia così soft da sembrare documentaristica. Una cura maniacale del dettaglio che ha fatto sì di utilizzare studenti erasmus tedeschi per restituire l'atrocità di aguzzini ancora imberbi le cui azioni hanno condizionato l'esistenza di intere famiglie.
C'è anche, naturalmente, l'orgoglio per il dialetto bolognese, che ha acceso tanto dibattiti tra i 'locali' sulla correttezza o scorrettezza degli attori nelle pronunce. Il bolognese della Rohrwacher, per esempio, è imbarazzantissimo...
Un piccolo capolavoro che ha la pacatezza e, al contempo, la forza d'animo dell'emilianità. Che sa maneggiare argomenti delicatissimi con la poesia e gli occhi di una bambina.




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