Ode a Bologna



La Bologna dell'infanzia
dove le strade del centro sapevano della fragranza del pane appena sfornato
dove il dolce cantilenare dell'inflessione emiliana dei nonni faceva da sfondo alle rincorse ai piccioni, agli amichetti di giochi
dove l'ambizione più grande era quella di rotolarsi giù dalle colline a peso morto
mentre mamma e papà aprivano la borsa di vimini del pic-nic all'ombra di un pino dispersi nella natura dei colli
o andare in slittino ai Giardini Margherita e trovarsi con il sedere umido di neve
ma la felicità del rossore sul naso e sulle guance dato dal freddo
dei racconti di guerra dei nonni,
emozionati perchè a volte si rendevano conto di stare raccontando ai nipoti cose che non avevano mai avuto il coraggio di raccontare ai figli
del divertimento nel stare ad ascoltarli litigare in dialetto
dove si andava in gita con le maestre al Museo Civico Archeologico con il tesserino di riconoscimento fai-da-te
dell'interminabile scalata di San Luca, fiatone e gioia per un momento di svago in più
della luce negli occhi quando ti veniva regalato uno zucchero filato alla Fiera di Santa Lucia, il brillare dei festoni e delle luminarie, la percezione di entrare in un tempo sospeso, sempre uguale a sè stesso ma così rinfrancante, di festa
del transistor del nonno che si portava in giro nelle gite a San Michele in bosco per sentire "cosa aveva fatto il Bologna"
dei pranzi a giorni alternati dalle due nonne per non scontentarle e dei segreti duelli culinari per decretare la migliore "sfoglina"
quel momento in cui uscivi dalla rampa della scuola e gli correvi incontro, lanciando via lo zaino per poi aprirlo e metterti a fare i compiti mentre loro realizzavano con mani esperte qualsiasi cosa di utile mentre ti sorvegliavano con sguardo affettuoso o ti dicevano "non ti stai stancando troppo? Vuoi un pò più di luce? Ma così ti cavi gli occhi! Vuoi un pezzetto di cioccolata? Vuoi una raviola?"
del mistero nascosto dietro quella porticina che rivelava la Bologna d'acqua
del perdersi con pensieri pieni di storie e di tesori nelle stradine strette del ghetto
dell'inebriarsi dei colori e degli odori del mercato di via Clavature
quando ancora la gente che non si conosceva si salutava lo stesso
quando agli anziani veniva ceduto subito il posto in autobus e non rimbrottati con la voce grossa o con l'indifferenza, che è anche peggiore
quando si era convinti che i termini "rusco", "dare il tiro", "cicles", "cinno", "sbuzzo", "pistolare", "caccole" fossero universali
La Bologna del divenire grandi
della rabbia alle manifestazioni del 2 Agosto
delle lacrime a Sabbiuno e a Monte Sole
della paura di violare la sacralità delle vittime innocenti, sepolte tra le sue querce
dell'orgoglio nell'osservare le foto dei giovani partigiani in Piazza Maggiore
dei cambiamenti e della difficoltà a volte di accettarli
delle giornate della Memoria al Paladozza
di Cacucci che parlava di sè e di politica nella palestra del liceo
degli autobus strapieni e delle alzatacce per arrivare in tempo a lezione
dei concerti autogestiti alle assemblee di istituto, dove montavi batterie ed amplificatori ed i gruppi che si esibivano ti guardavano con perplessità perchè eri  l'unica donna a "bazzicare" nell'ambiente
per poi tornare a casa perplessa sulla loro convinzione di stare facendo dell'arte con i loro gorgheggi
delle giornate dedicate a fare la libraia o la cameriera alla festa dell'Unità sotto casa, con le vecchiette che ti rimpinzavano di patatine fritte perchè "sei troppo magrolina", con i tendaggi degli stand che gocciolavano quando veniva a piovere, delle richieste assurdamente divertenti dei clienti del tipo "avete uno zampirone per le zanzare?"
della sensazione, più o meno romantica e più o meno sbagliata, di stare condividendo degli ideali che prima avevi coltivato soltanto tra te e te
dei pomeriggi del sabato per le peregrinazioni personali tra librerie e negozi di dischi che ora non ci sono più
dell'odore di incenso in Piazzola, indecisa tra vari stili ed etichette giovanili: meglio metal o punk?
Dell'emozione dei primi esami universitari e dei dibattiti accademici con i professori
dei pomeriggi post-esami a bere cioccolata calda con le amiche e quella sensazione di completa serenità
dei viaggi più disparati assorbiti e catapultati da quella Babele che è la stazione di Bologna
dei momenti passati al Palestinese a sorseggiare uno dei tè alla menta più buoni mai bevuti prima e a parlare di massimi sistemi
di quelli speciali che resteranno indelebili al Cafè de la Paix
del primo amore tra le aule a gradoni, che ancora pulsa da qualche parte sottopelle
Bologna dell'Asinelli e della Garisenda
di Balanzone
del dire "altro" quando si vuol dire di aver finito la propria spesa
Bologna con i tuoi portici pronti ad accogliere chiunque
Bologna dalle estati torride
e dagli inverdi gelidi
Bologna che affronti con dignità ogni difficoltà
ogni volta che viene versato del sangue
anche se sei capace di tremare
Bologna che mi seguirai dovunque andrò

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