Diritti sotto le stelle

Avevo visto uno spezzone dell'ultimo film di Diritti Un giorno devi andare e da allora tentai a più riprese di ottenerne una copia, o in biblioteca o per altre vie, ma i miei tentativi furono del tutto vani. Non so cosa, in particolare, mi mise dentro, in qualche recesso istintuale, una genuina curiosità nei confronti di quel film, ma un sesto senso sulla qualità di quel film mi formicolava incessantemente. Non riuscii a crederci, quindi, quando scorsi il programma de Il cinema in Piazza [Maggiore, a Bologna]. Il destino, per quel piccolo barlume di desiderio, decise di venirmi incontro...!
Fino ad allora avevo visto pochi film all'aperto nei periodi estivi e, solitamente, non mi avevano avvinta tanto, vuoi perché si era ancora agli inizi e, perciò, si proponeva qualcosa di sperimentale, vuoi perché quella tipologia di film all'aperto era gratuita, quindi, anzi, ergo, i film o erano grandi e famosissimi classici, o erano film d'avanguardia (ovvero: film svedesi sottotitolati in russo, per sintetizzare)... Per la prima volta, quest'iniziativa culturale si faceva più audace, proponendo film che, per quanto indiscutibilmente di nicchia, potessero rivaleggiare con le sale cinematografiche.
Quella sera, per cose mie, personali e molto delicate, intimiste, ero schiacciata dal peso della malinconia e della solitudine. Rileggendo, in questo momento, le righe scritte fino ad adesso mi rendo conto che epifanie autobiografiche di tal genere non solo non sono affatto inadatte o fuori luogo, ma ben introducono un film come quello di Diritti.
Innanzitutto, il regista, presente all'apertura, ci introdusse il film come il risultato del suo percorso personale di documentarista in Brasile, più precisamente in Amazzonia. Gli indizi che ci venivano somministrati per comprendere meglio la narrazione indicavano chiaramente che c'era molto dell'uomo Diritti e che, forse, quest'ultimo avrebbe dialogato con i personaggi della vicenda e non soltanto fatto da sfondo. In secondo luogo, lo stesso vero protagonista del film, la natura, il paesaggio amazzonico invita il pubblico a fondersi con esso. A diventare maestoso a tal punto da perdere i confini tra mente e corpo, conscio ed inconscio, Io-Super-Io-Es, Noi e Loro, Io e Gli Altri.

Quello che si rappresenta nella pellicola è quindi una possente boccata d'aria, un entrare nei propri recessi mentali, polmoni per i pensieri. I quali, a loro volta, si allargano a macchia d'olio. Il tutto rafforzato dagli spazi aperti della piazza, dalle stelle e dalla luna piena, come se un muto dialogo tra foreste pluviali e cielo felsineo si fosse instaurato in quel preciso istante. L'identificazione con la protagonista della storia, partita con una missionaria amica dell'austera madre per curare le proprie frustrazioni e ferite di giovane donna desiderosa d'amore, di comprensione e, soprattutto, di condivisione, e perciò immediata.
Senza quest'accorgimento, questa licenza poetica di Diritti ha acquisito sull'Amazzonia e su Manaus non sarebbe possibile per il pubblico entrare e com-patire le vite delle comunità indigene e delle baraccopoli di Manaus. Si soffre soffrendo con la protagonista, ci si entusiasma per quella gioia che la pervade. Si ritorna a casa, insomma, con la sensazione che Diritti abbia perfettamente capito il concetto di catarsi e il posto del cinema nell'esistenza umana.
Altra perla preziosa regalata dal film è la descrizione, assolutamente priva di stereotipi, della realtà brasiliana, del suo continuo altalenarsi di desiderio di vita e di sopraffazione di fronte ad un dispiegarsi maggiore di forze, come l'alluvione nella favela che rade al suolo intere baracche in un qualcosa di estremamente naturale e ciclico nella sua imparzialità. Nulla a che vedere con campionati mondiali di calcio, samba, lustrini e sorrisi ammiccanti.
"E quindi uscimmo a riveder le stelle"

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