A, Autunno

Le piaceva studiare al parco. Portare le sue stanche membra, riempite dall'acido lattico provocato dalle prolungate corse in metropolitana, nella direzione di una panchina. La selezionava sempre accuratamente. Mai panchine con altre persone già sedute. Se poi tutto era già sovraffollato, nessuna panchina con ragazzi, uomini più o meno giovani o anziani. Non c'era una ragione precisa per questo rifiuto del genere maschile. Le ragazze le permettevano maggiore immedesimazione, nel caso in cui avesse voluto fantasticare sulle storie che si raccontavano o sui loro sguardi persi. Non doveva essere troppo alla luce, il sole frontale non era mai una buona idea se voleva leggere, decisamente pessima se lavorava con il portatile. Non troppo vicina all'entrata o all'uscita del parco, il rumore del traffico non le permetteva di concentrarsi. Per la stessa ragione, non doveva essere in prossimità dell'area giochi o dei chioschi. Voleva immergersi totalmente nella natura, più l'elemento umano veniva eliminato, meglio era.
Non le importava di avere freddo. Andare al parco le permetteva di ragionare meglio, meglio che in dormitorio, specie in questo periodo dell'anno, quando c'erano tutte le consegne degli elaborati da espletare. La gente sembrava impazzire in questa manciata di giorni. Improvvisamente, si accorgevano che erano anche degli studenti, oltre che tutto il resto. Non li poteva soffrire. Per lei studiare era un'attività come un'altra, non buttava via il fegato, l'appetito, il sonno, ma neanche si poteva considerare una lavativa. Poi questa volta si trattava di letteratura inglese, cosa che per lei coincideva con il suo interesse più grande, per cui non lo viveva con un peso.
Ecco, aveva individuato la panchina. Poco prima si era comprata il solito cappuccino appena zuccherato al chiosco. Le piaceva il tepore che si trasferiva dal contenitore di cartone alle sue mani. Le sembrava di essere come quelle protagoniste delle serie tv poliziesche. Una donna forte, dedita alla carriera e sicura di sé. Lei invece era tutt'altro, non spiccicava parola con nessuno a lezione, e preferiva scomparire piuttosto che essere notata dagli altri. Andare al parco era uno dei tanti modi che lei usava per mimetizzarsi. 
Tanto più che era autunno. Aveva iniziato una collezione di foglie appena si era trasferita in quell'università. Tante foglie quanti erano i suoi sogni. Le piacevano soprattutto gli aceri, con quel rosso squillante. Le davano l'effetto di un rossetto rosso in un viso diafano e pallido. Una ventata di freschezza, per quanto autunno e freschezza sembrano due termini improbabili. Tornata a casa dalle sue puntate al parco, metteva le foglie sotto al suo dizionario di francese e, dopo che si erano lisciate per bene, le metteva in un raccoglitore, con un po' di colla dietro, mai troppa, la giusta quantità. Annotava anche la data e l'ora in cui le aveva raccolte.
Oggi però non era a caccia di foglie. Doveva scrivere un paper su Wordsworth e sulle sue possibili riletture in chiave contemporanea. Un pensiero la sfiorò e, così come si era affacciato, se ne andò altrettanto velocemente. Aprì lo schermo del suo portatile. Posò con delicatezza il cappuccino vicino a lei, in modo che potesse sorseggiarlo nei punti morti. Si era portata anche qualche compito dei suoi studenti di italiano. Era incredibile quante persone in quella città caotica americana volessero imparare la lingua di Dante. Ormai l'italiano era più che altro una lingua che praticava a lezione, ormai si sorprendeva più volte a pensare in inglese. Non era stato così facile all'inizio. I pensieri ampollosi e ricercati che le erano stati insegnati a scuola, non contavano. L'inglese era semplice. Diretto. Schietto. Dritto al punto. E lei si era adattata a quella logica, anche la sua personalità era diventata asciutta. Sommata alla sua naturale reticenza, era diventata una persona sfuggente.
Era arrivata ad un discreto quantitativo di parole, era ormai a buon punto. Decise di concedersi una pausa. Uno scoiattolo, probabilmente attratto dal bagel vegetariano che faceva capolino dalla custodia del suo portatile, si avvicinò timidamente. Volle di lasciargliene un pezzettino. Il roditore non si fece pregare, facendo roteare la mollica tra le sue zampette. Attaccò con la correzione degli elaborati. Molti faticavano, più di quanto avesse fatto lei nell'imparare l'inglese e il francese. D'altronde, nascono e vengono allevati nella convinzione che possono andare dappertutto con il loro inglese. Nessuna sorpresa che avessero delle aspettative completamente sballate sull'apprendere una lingua. Insegnare l'italiano era, oltre che il principale mezzo di sostentamento per pagarsi gli studi all'università, anche un modo per ripescare nei suoi ricordi di bambina. In quel momento le vennero in mente gli autunni passati nella sua città natale. Le corse in bici per raggiungere la collina, alla caccia di castagne. Lei con il suo soprabito giallo canarino, la manina in quella di sua madre, il classico cesto di vimini e il bastone ricavato da un albero d'acacia. Lo scricchiolare degli arbusti sotto i loro stivali di gomma. Le fusa dei gatti di strada che incontravano lungo i caseggiati che punteggiavano quel piccolo angolo di verde che dominava dall'alto la città. Il sorriso della mamma aveva il sapore dei biscotti appena sfornati, l'odore del bucato appena fatto, il colore caldo e avvolgente del fuoco nel camino. Lo sfrigolare dei ciocchi di legno. La voce carezzevole della nonna.
Ora invece autunno significava esami imminenti, affitti da pagare, colleghi con i quali era costretta a socializzare, suo malgrado. Code infinite nella metro. Pasti miseri, fatti sempre di corsa. Una lingua che abitava costantemente, come una vestito su misura, che in qualche modo non poteva mai coincidere con la sua pelle. "Blue, the most human colour" stava cantando in questo momento Regina Spektor nelle cuffie. La ascoltava sempre ogni qualvolta la nostalgia di casa la avvolgeva. E questo era uno di quei momenti.
Ripose tutto con cura nella custodia. Non doveva fare tardi, erano ormai le cinque e ci avrebbe impiegato un'ora a tornare a casa. Si allontanò come ci si poteva allontanare da un sogno in cui non si riesce a capire il confine tra realtà e finzione se non al momento di svegliarsi. A domani, si disse tra sé e sé.

Commenti

Post più popolari