Lagioia e la ferocia

Dopo aver letto l'incipit pubblicato da Minima e Moralia (incipit), ho deciso di abbandonare la mia classica allergia da successo del momento (derivata dall'idea preconcetta, non so quanto sbagliata o quanto giusta, che ciò che è sulla bocca di tutti non si sposa con la qualità, ma con la moda) per addentrarmi nella lettura de La ferocia. In particolare, mi affascinava l'idea, a quanto lo stesso Lagioia aveva rilasciato in un'intervista, che il mondo animale venisse utilizzato come metafora per descrivere la società umana. L'incipit effettivamente lasciava presagire un'interessante tecnica narrativa/descrittiva nella quale gli animali la facevano da padroni, di fronte ad un'umanità ridotta al suo essenziale.
Quello che compare in modo chiaro e distinto è, invece, un'analisi molto minuziosa dei lati oscuri della psiche umana. Lagioia ha infatti dichiarato quanto sia difficile calarsi nelle logiche dei singoli personaggi, specialmente se mossi da sentimenti e da intenti squallidi. Lo squallore è la nota dominante di questo romanzo, lasciando nel lettore un senso di malessere, tanto fastidioso quanto difficilmente motivabile/collocabile: il deterioramento dei rapporti familiari, il marcio che sta sotto all'amore filiale e fraterno, è già preesistente. Si sa già che si parte da un peccato originale, che rimane sempre come un non detto, sullo sfondo ed implicito. Gli animali si infiltrano, per quanto in dimensione rapsodica ed episodica, molto più lieve da quanto ci si aspetta leggendo l'incipit, nel tessuto narrativo, lasciando intendere che, come nei rapporti tra animali, è molto labile determinare chi è vittima e chi è carnefice: la reversibilità dei ruoli è invece quello che rimane alla base dei rapporti sociali. 
In linea con le ultime sfumature assunte dalle serie televisive (sempre più mini capolavori cinematografici sapientemente confezionati; consiglio di leggere un altro articolo di Minima e Moralia sull'argomento: http://temi.repubblica.it/micromega-online/potere-canaglia-e-serial-tv-i-dieci-titoli-da-non-perdere/?refresh_ce ), dove la trama narrativa non ruota più attorno ad un personaggio dai chiari ruoli morali immacolati, ma bensì caratterizzato dalla dubbia etica, Lagioia restituisce un quadro a tinte noir della famiglia italiana.

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