Paris, Edward Rutherfurd

Questa lettura, ad essere sinceri, è stata dettata moltissimo dal fatto che dovevo trovarmi qualcosa di facile attrattiva (e Parigi o qualsiasi cosa che nomina questa città è per me attraente instantaneamente) che mi tenesse impegnata la testa dall'ansia da prestazione che in questo periodo è a livelli stellari. Per cui avevo già messo nel conto che probabilmente non si sarebbe trattato di un colpo di fulmine. Ciò nonostante, all'inizio la lettura è proceduta speditamente, intrigata dalla trama (ripercorrere la storia di cinque famiglie parigine, le cui vicende si intrecceranno, in varie epoche storiche); specialmente per quanto riguardava la costruzione della torre Eiffel, la scrittura era particolarmente stimolante. 
Restava pur sempre un dubbio, che si è rivelato fatale strada facendo. I personaggi femminili non hanno alcuna personalità al di fuori della sfera, per dirla in modo marxista, riproduttiva, anzi, si avverte come un'ansia, sempre più pressante e crescente, di doversi trovare un marito per potere dare un senso a sé stesse. Per quanto si possa concordare che, da un punto di vista storico, le donne fossero relegate, costrette dalla famiglia d'origine e dalla società di pensarsi come potenziali mogli e di dover mantenere alto l'onore della propria famiglia continuando con la progenie, mi rifiuto di credere che la personalità femminile fosse totalmente assorbita dal compito "domestico". La storia ci ha consegnato anche donne che desideravano, dentro ai loro panni di mogli e madri, di essere altro e alcune di loro, con estremi sacrifici, hanno cercato di indossare altri abiti. Nel libro di Rutherfurd, si passa da un estremo all'altro, donne che fanno di tutto per rendersi rispettabili all'interno dei canoni conformisti della società e donne che decidono di trasformare questo dovere in piacere, divenendo così personaggi di dubbia moralità. Resta il fatto che non si riesce ad uscire dall'associazione tra le donne e la sfera amorosa/sessuale. Se un personaggio femminile trova soddisfazione nel lavoro è perché vi è stata costretta dalle circostanze. Mi verrebbe da dire che si capisce che l'autore sia un maschio, ma non vorrei utilizzare male un luogo comune secondo cui gli scrittori abbiano una visione un po' maschilista della realtà, mentre le scrittrici ne sono magicamente esenti. No, non intendo prestarmi a questa equivalenza. Certo è che ci si può aspettare uno spessore maggiore dei personaggi da una penna contemporanea.

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