Hello


A volte ci sono pensieri ricorrenti. Conversazioni immaginarie, spesso con persone con le quali si è litigato, anche in modo violento. Una parte di noi non accetta la frattura, anela alla riconciliazione, all'insabbiamento, alla rimozione. Spezzoni interi di discorsi che affiorano a distanza di anni, con una precisione che spiazza. Il desiderio di agire, di fare qualcosa rispetto a questo lutto si impossessa delle mani. Impugniamo una penna, accendiamo il monitor di un computer e riversiamo in contorti giri di frase quello che abbiamo immagazzinato per anni, ruminato ossessivamente. Vogliamo che questa sofferenza si trasferisca sulle pagine, vogliamo in qualche modo porgere una bandiera bianca al nostro immaginario interlocutore, il quale, il più delle volte, non riceverà mai quella lettera o, nel peggiore dei casi, non vi risponderà neanche.
Ed ecco che la memoria cerca di trattenere quegli istanti che hanno registrato l'essenza di quella persona. Che sia un maglione rosso, un certo modo di ravviarsi i capelli, una cadenza vocale, tutto torna utile. E' come se si volesse soffrire una seconda volta, rinvangare certe emozioni che in passato ci travolsero. Quando ci siamo incontrati la prima volta, cosa stavo facendo? Com'era lo stato di salute della mia monade, isolata ed ignara, poco prima che quella persona entrasse, per lungo o per breve tempo, nel mio raggio d'azione? Ci si mette l'anima in pace. Probabilmente la vita sarebbe ugualmente piena di interrogativi, di ferite suturate male.
Mi sgolo, con la gola già infiammata di suo, cantando Adele. Neanche mi piace tanto, Adele. Eppure, c'è qualcosa di quelle frasi che mi parlano.
Hello, it's me
I was wondering if after all these years you'd like to meet
to go over everything
They say that time's supposed to heal ya, but it ain't done much healing

Cosa starà facendo in questo momento? E' incredibile come due persone possano diventare distanti. Ci si avvicina per poco, per un istante, così forte che non ci si rende neanche conto di quanto vicini, in realtà, si è. Con quelle persone si è riso, ci si è confidati, si è pianto. Ci si è presi per mano, magari soltanto sfiorati, gli occhi in due direzioni opposte. Poi di colpo, l'indifferenza, la chiusura.

There's such a difference between us
and a million miles

Il terreno delle proprie cavità interne si riempe di ipotesi. Cosa sarebbe successo se io non gli/le avessi chiesto quella cosa? Cosa sarebbe successo se lui/lei avesse reagito diversamente alle mie parole? Amore ed amicizia si confondono in un unico lamento e gigantesco rimpianto, un'ombra che torna periodicamente fuori a guastarci l'umore delle giornate o a colorarle di una leggera malinconia, un desiderio di un calore perduto. Alla fine l'altro si trasfigura, non è più l'altro in carne ed ossa, la compresenza di tante sfaccettature di personalità, l'insieme di mente e corpo, di mente carnea e di corpo pensante che in quel momento significava qualcosa per noi, nel quale cercavamo il completamento di una parte lacunosa di noi stessi. L'altro diventa le nostre paure. L'altro è la nostra paura. L'altro parla le nostre parole. Diventa un alter ego, una sagoma che riempiamo con le nostre proiezioni.

It's not secret that both of us
are running out of time

Si riscrive centinaia di volte la stessa frase di scuse, di rammarico. Ci si immagina davanti a quell'altro trasfigurato, ci si immagina il suo volto, le sue possibili repliche al nostro discorso. Poi ecco sopraggiungere sempre più nitide, sempre più violente quelle volte in cui si è cercato, invano, un chiarimento. Il tono della sua voce che si incrinava, divenendo sempre più alta, sempre più minacciosa. Magari rotta dal pianto. La cornetta che ci viene sbattuta in faccia. L'altro che si allontana piccato. Tutto dentro di noi che ci frana addosso. La voglia di urlare, di esplodere come bolle di sapone al contatto prolungato con l'aria.

So hello from the other side
I must've called a thousand time
To tell you I'm sorry for everything that I've done
But when I call you never seem to be home

Si ripone la lettera, il monitor del computer, la cornetta, pensando che non si è ancora pronti per malintesi, ulteriori delusioni. Molte volte, i tormenti di quelle ore passate così, nelle cavità del proprio Io, vengono appallottolati, disintegrati, rimossi. Altre volte invece sono incamerati in data da destinarsi, perché, pensiamo, in qualche modo sono una parte di noi, e stracciandoli è come se stracciassimo noi stessi. 

Come tanti prismi riflettenti.

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