Romanzo (forse incompiuto) a puntate - Parte III (a)

Capitolo secondo

With the hush of
my lips I wholly
confound the skeptic
W. Whitman "From Song of Myself"

Le settimane che seguirono l'arrivo a casa di Iris furono frenetiche. Tra le visite degli amici e dei parenti rimasti dalla carneficina fatta dall'ipocrisia sull'argomento "adozione" e le ansie genitoriali di Elsa e Carlo, né Groucho, né qualsiasi ente, animato o inanimato, che gravitava intorno a quelle quattro mura, poté avere un attimo di pace.
Le pareti assorbivano quell'ansia convulsa e rilasciavano nuovamente nell'atmosfera in bizzarri cerchi karmici, come le piante nella fotosintesi. Per la prima volta le stoviglie temettero di essere manomesse, le pappette di essere vomitate... Gli unici oggetti che fino ad allora avevano risentito delle liti o degli sfoghi incontrollati di emozioni difficilmente spezzettabili in argomentazioni razionali di Carlo ed Elsa erano i cuscini. Due di loro furono addirittura, in un accesso d'ira particolarmente pronunciato, squartati e le loro morbide piume disperse in risentiti batuffoli. Elsa e Carlo, infatti, a parte la valvola di sfogo data dal movimento morettiano, avevano sempre avuto il vizio, ancora prima di costituire un'unità, di somatizzare e ritenere dentro di loro le tensioni, i rancori, le delusioni, rendendo le loro interiora gorghi inestricabili di ulcere, bruciori e crampi che prepotentemente sottolineavano loro che "qualcosa non andava", nonostante i loro tentativi di girarsi dalla parte opposta dove c'era il problema.
Ora, a causa del nuovo elemento familiare, gli umori erano a briglia sciolta, l'esternazione la regina dei problem solving emotivi. Piatti che andavano in frantumi per eccessiva solerzia che, specialmente in Carlo, si traduceva in completa imbranataggine. Coperte che andavano sostituite perché non sufficientemente calde, quando fino a quel momento erano le benvenute negli armadi e nel letto della coppia. L'unico momento in cui gli oggetti della casa potevano sventolare bandiera bianca era quando l'assistente sociale si trovava lì in visita. Allora i piatti si sentivano quasi accarezzati, le pietanze fatte sfilare con rispettosa lentezza sui tappeti rossi, Groucho poteva sparire inosservato per le sue esplorazioni.
Già, finora il fulvo compagno di coperte di Iris è stato alquanto trascurato. Si sa quanto i gatti conservino memoria dei torti subiti e, quasi giovinette d'altri tempi, come possano farvela pagare con sottile e regale ferocia. Per evitare musi lunghi, dalle vibrisse cadenti e frementi nello scoprire la punta acuminata dei canini, unghie sguainate a metà, code impazienti di frustare l'aria intorno, e possibili "ricordini" di svariata natura, sarà meglio volgere lo sguardo in basso all'altezza del pavimento o lassù, in cima, in uno scaffale ancora vuoto della libreria o sui rami di uno dei tanti alberi del giardino di Elsa e Carlo. Ad altezza gatto, si intende.
Groucho se l'era passata tutto sommato bene da quella sua balia e dai suoi fratelli e sorelle di latte. Marica poteva essere irritante in modo imbarazzante quando decideva di rivolgersi a lui e agli altri piccoli con quella voce alterata, che poteva essere interpretabile o come un tentativo di imitare il vecchio stereotipo degli omosessuali con la voce da eunuco di qualche corte sperduta, oppure come una proiezione umanizzante di Marica, in vena di trattare piccoli di felide come neonati. Groucho compativa sconsolato i cuccioli d'uomo che dovevano sopportare il fatto di essere trattati come dei dolci, paffuti e "adorabili" ritardati mentali con quella voce da ventriloquo che si era appena scartavetrato l'ugola. I gatti si sa, non vanno troppo per il sottile nell'elaborazione delle loro opinioni. Chi possiede un gatto sa perfettamente che è sempre in atto un sottile sistema di schiavitù del padrone, manipolato mentalmente in modo indefesso ma che, il più delle volte, accetta di stare al gioco, galvanizzato dall'intelligenza perversa del suo amico a quattro zampe.
Groucho non era, in fin dei conti, un grande artista in questo settore, preferiva la schiettezza di un cinismo allo scoperto invece che ammantato di fusa o di occhioni sgranati e umidicci di lacrime di coccodrillo. Ma questo non lo sottraeva dal piacere, tutto felino, di gabbare la specie umana. Se, per esempio, avvertiva che il bipede di turno non gradiva che entrasse in alcune stanze della casa, in quanto dentro c'erano cose "a portata di zampa" o "di fauci" (come le irresistibili e morbide foglie di qualche rara ed esotica pianta pagata una fortuna), trovava un perfetto nascondiglio che lo faceva apparentemente svanire dalla faccia della terra, in modo da mandare in tilt completo il sistema sinottico del bipede in questione, non essendo abituato a prendere in considerazione la superiorità felina nel rendersi non raggiungibili. Groucho aveva potuto sperimentare più volte questo puro divertimento con Marica, la quale, pur perdendo più volte la dignità con i suoi scimiottamenti, non sembrava capire la mente felina più di quanto ne millantasse lo sconfinato amore.
Era semplicemente irresistibile avvertire l'inceppamento delle cellule grige umane, farsi solleticare da quella scheggia impazzita di energia, cinetica e non.
Purtroppo, una volta tornato sotto il "regime" di Elsa e Carlo, Groucho poté concedersi rare volte questo piacere, essendo Elsa una conoscitrice esperta di questo genere di perversioni mentali feline. Anzi, a dirla tutta, Elsa era uno di quegli esseri umani temutissimi dai gatti, un veterinario sprovvisto di laurea in poche parole. La delicatezza dei gesti di Elsa diveniva precisa e granitica quando si trattava di immobilizzare Groucho per spazzolarlo o fargli il bagno dopo pomeriggi passati a rotolarsi nel fango o nell'erba alta piena di zecche (a seconda della stagione). Tutto il livore felino di Groucho si riversava, ovviamente, su Carlo, il quale aveva avuto come unico animale domestico un pesce rosso... Senza offesa per questi pinnati dorati, ma la complessità di comunicazione richiesta da un pesce ad un umano non è in nessun modo comparabile con quella che si instaura tra un gatto e il suo "padrone". Carlo non aveva mai nutrito nei confronti dei gatti quelle false prevenzioni sulla loro mancanza di affetto nei confronti dei loro padroni, ma certo non poteva immaginarsi come nella nozione felina di "amore" rientrasse anche quel vortice di consumata e geniale pazzia dalle tinte un po' sadiche. Che quella fragile struttura di ossa e di pelo potesse affondare gli artigli nei suoi pantaloni quando, un secondo prima, ronfava e faceva le fusa beata sulle sue ginocchia. Inoltre, dato che certe modalità adulatorie dei gatti non hanno nulla da invidiare alle astute strategie di una femme fatale, Carlo cedeva a qualsiasi richiesta implicita di Groucho di riempirsi le fauci di qualche buon bocconcino in più.
Questo, naturalmente, era fonte di diverbio nella giovane coppia: dalla prospettiva di Elsa, che regolava rigidamente la dieta di Groucho perché le era oltremodo insopportabile l'idea che il suo gatto divenisse un ammasso di pelo pigro, pingue e nullafacente, Carlo era un lampante esempio di debolezza tutta al maschile.

(continua...)

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