Atto di scuse

Certe volte rifletto sull'impostazione che ho dato a questo blog e la mia mente viene attraversata da fasci di dubbi. Il più ricorrente, che batte lo sfondo e la grafica che ho personalizzato usando le linee guida di blogger e che, quindi, non ho personalizzato in strictu sensu, è il dare o no la possibilità a chi legge (non parlo di lettori o di pubblico, ma, appunto, di chi legge... Mi immagino che la cosa avvenga per caso, per cui usare il termine lettori è inappropriato) di commentare le mie menate esistenziali e i miei viaggi mentali senza alcun tipo di stimolo che non sia già quello offerto dalla mia mente nevrastenica e sociopatica.
Finora ho tenuto la linea del NO. No perché mi vergogno... Perdonate il paradosso, ma è come fare un discorso intimista a qualcuno guardandolo negli occhi. Io non guardo mai negli occhi se snocciolo contenuti che promanano dal 'di dentro', non l'ho mai fatto e penso non riuscirei a farlo. E' come accorgersi di soprassalto che le proprie riflessioni hanno una loro esteriorità (lo stesso soprassalto quando il mio volto viene specchiato involontariamente dalle vetrine del centro quando faccio una passeggiata distendi-nervi). La paura, in un secondo momento, sopraggiunge. Difficile spiegare il motivo per cui una persona con una personalità leggermente autistica come la sottoscritta abbia avuto la necessità di tenere un blog. Ho sempre avuto un'ammirazione estetica per i blog, la loro mescolanza di parole ed immagini senza che debba necessariamente intervenire un editore, un fotografo, ecc. Per semplificare il concetto e non dilungarmi in cronistorie personali, mi sento emotivamente vicina a quegli artisti che, una volta dipinto, scritto, cantato, suonato, scolpito, forgiato, ecc. si disinteressano completamente all'opera. Quello che li motiva a dipingere, ecc., ecc. è il durante, né il prima, né il dopo. Nel corso della mia esistenza è capitato che il durante del fare un blog abbia catturato il mio interesse. Tutto qua. E pazienza se questo può sembrare in contraddizione con introversione e mancanza assoluta di narcisismo. In questo momento sento la necessità di mettere tutto quello che già facevo per conto mio su questa piattaforma.
Permettere agli altri di commentare è l'equivalente semantico del riflettere dopo il durante, di esplicitare un dopo che forza il durante ad essere introspettivo, a sdoppiarsi e scorporarsi. Questo mi imbarazza, ironia del destino, moltissimo. E' come chiedermi perché le suole delle mie scarpe sono consunte sul lato sinistro del tallone invece che su tutta la pianta. Non lo so e basta.
La titubanza c'è. E' quella di pensare: 'Ma chi sono io per non permettere a qualcuno che sente l'esigenza di commentare di farlo?' Come dire che ci sono due gerarchie del durante, un po'. Lungi da me, anarchicamente ossessionata dal concetto (democratico, altro paradosso) di libertà. Se finora le porte dei commenti non si sono aperte è perché la mia vergogna vince il desiderio di attuare completamente l'anarchia. Continuerò a pensarci e non è detto che questa tattica difensiva (i timidi hanno un assetto da battaglia di corazze) sia definitiva, ma per il momento è quella in auge.
Scusatemi.

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